Da Pacem Domine
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Da Pace Domine è un’opera del compositore Simone Tonin per coro a sei voci miste.
Nella partitura son compresi tre soli: un soprano (estensione fino a re5 richiesto), un mezzosoprano e un tenore. Si tratta di soli e non di solisti, in quanto le voci menzionate rientrano nelle rispettive sezioni, cantando nei tutti.
il testo è di pubblico dominio ed è tratto dalla melodia gregoriana presente nel Liber Usualis, ed. 1961 pg. 1867. La melodia è fedelmente riportata in partitura tra le misure 28-29.
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Fino a quel momento la coralità era un aspetto abbastanza estraneo al suo gusto musicale; certamente non così estraneo a livello accademico, ma di fatto ben poco praticato nella sua produzione.
Decise così di scrivere un pezzo per coro e, idealmente, gli piaceva l’idea di un brano che rendesse omaggio ai “macro momenti” della storia della coralità occidentale: dalla monodia gregoriana al falso bordone, dal mottetto/madrigale al corale, fino alla scrittura più nidificata a livello timbrico del giorno d’oggi.
Di fronte a tale pretese, si sono aperte due possibilità: pezzo sacro o pezzo profano? Optò per il testo sacro, conscio del fatto che se avesse scelto il profano sarebbe stato di gran lunga più facile.
Tra la pausa e l’altra di un tour estivo analizzò la “Missa solemnis pro pace” di Alfredo Casella, un lavoro per soli, coro e grand’orchestra scritto dal compositore torinese nel 1944, circa un anno prima dalla fine della seconda guerra mondiale. Aldilà della musica di Casella, quello che colpì Tonin prima ancora della partitura fu il “pro pace” contenuto nel titolo, quel “pro + ablativo” latino che in italiano tradurremmo con “a favore di… “.
E fu proprio quel “a favore della pace” che indusse il compositore ad una riflessione sul tema: un’invocazione propiziatoria, atta a pregare un qualcosa non ancora presente, ma che tutti desiderano con il cuore e con tutto se stessi. Una pace che non è solo il termine della guerra, ma che assume più significati: la fine di una giornata lavorativa andata male, la pace dopo la litigata con i propri cari o il proprio partner; la pace intesa come “sentirsi centrati” e solidi, stabili e non dipendenti emotivamente da altri. Tutte queste accezioni rientravano (e rientrano tuttora) nel significato di pace che Tonin intendeva riportare in forma di preghiera, con una di lode a Dio che fosse valida tanto un tempo quanto al giorno d’oggi; che non richiamasse alla liturgia o alle preghiere ordinarie ma che in ogni caso potesse riguardare ciascuno di noi, ricercando questa dimensione tanto desiderata, ma che spesso non riusciamo a trovare.
"Per caso ricordai che vidi la dicitura “pro pace” nel Liber Usualis, una raccolta di canti gregoriani propri della liturgia romana e non solo. Cercai nell’indice e incappai in un’antifona gregoriana brevissima, una melodia del IX sec. di rara bellezza; una linea melodica semplicissima, chiara e non troppo lunga. Il testo dell’antifona recitava: “Da pacem Domine in diebus nostris: quia non est alius qui pugnet pro nobis, nisi tu Deus noster”; ovvero: “Dai la pace o Signore ai nostri giorni: perché non c’è nessun altro che lotti per noi, se non tu Dio nostro”. Constatata la meraviglia di tale materiale testuale e musicale, più che adatto a quanto volessi esprimere, decisi di partire da quell’antifona che – nella costruzione del pezzo - è il secondo episodio affidato al solista, poi sviluppato richiamando la pratica del falso bordone fino a giungere al genere del corale. Solo alla fine di tutto ricostruii la forma generale, aggiungendo il primo episodio che apre il pezzo - più rarefatto a timbri esposti - per poi passare alla coda finale, dove tutti gli elementi armonici impiegati lungo il brano convergono in un’unica poliarmonia finale, volta a ricercare una sorta di sintesi.
Per concludere c’è un’immagine a me molto cara che è stata il moto conduttore dell’intero brano, a cui pensavo lungo la scrittura delle varie sezioni: il crocifisso della chiesa arcipretale di Loreggia, il mio paese natale. Un crocifisso che ha in sé una particolarità: Cristo non è morto e non è chino con il volto a sinistra… E’ ancora vivo, agonizzante che guarda il cielo prima di spirare; quasi a richiamare lui stesso quel senso di pace che noi umani tanto ricerchiamo.
Dedico questo pezzo al Kairos Vox e al suo direttore Alberto Pelosin, gruppo musicale formato da musicisti professionisti che con tenacia e dedizione hanno magistralmente interpretato questa partitura. A loro il mio grazie più sincero!"
Informazioni aggiuntive
Supporto | Partitura cartacea, Partitura PDF |
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Anno | 2022 |
Autori/Interpreti/Arrangiatori | Simone Tonin |
Orchestrazione | Coro a voci miste |
Tipologia |
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